Ricordiamolo: il 12 marzo 2020, Macron ha annunciato la fine delle nostre libertà fondamentali di movimento e di riunione condannando un'intera popolazione agli arresti domiciliari a causa della circolazione di un virus respiratorio poco conosciuto, fermando il movimento epidemico dei Gilet Gialli che furono poi banditi dalle strade.
Dalla punizione collettiva alla repressione mirata per i reati di opinione, il popolo francese ha assaporato ancora di più i piaceri totalitari di un regime che solo il privilegio storico del “progresso” separa dalla repubblica delle banane. In nome della sanità statale, è stata l’ideologia securitaria del rischio zero a dover prevalere, schiacciando così ogni esigenza critica a favore della dignità umana: il mondo è stato mascherato, confinato, punto, ridicolmente assoggettato ai suoi padroni maghi.
Se lo smartphone è l’oppio dei popoli – che monopolizza le mani e l’attenzione fin dalla più tenera età – questo periodo di crisi liberticida avrà consentito ai nostri leader di garantire un’accelerata virtualizzazione del mondo e delle relazioni umane, dove il telelavoro è diventato la norma, e telecombat una triste inevitabilità per i combattenti della resistenza in gilet gialli, gettati in una nuova società: quella dell’ipercontrollo e dell’onnisorveglianza.
Ciò che questa autorità teme soprattutto è l’indipendenza dei suoi cittadini. L'indipendenza produttiva degli artigiani e dei piccoli imprenditori, alla quale molteplici imposte e successivi confinamenti dovettero porre fine; e l’indipendenza di pensiero, che i media colonizzati – promotori della stupidità commerciale e della mediocrità culturale – finirebbero per criminalizzare.