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Come tutte le guerre, quella tra lo Stato di Israele e il popolo palestinese è oggetto di una battaglia mediatica. La Resistenza Palestinese non ha bisogno di raccontare la storia dell’ingiustizia contro cui combatte: basta guardare per vedere. Mira piuttosto a magnificare l'uno o l'altro dei suoi componenti. Israele deve invece convincere della sua buona fede, cosa che dopo tre quarti di secolo di violazione del diritto internazionale non è un compito facile.
Prima dell'attacco
Dall’attacco della Resistenza Palestinese del 7 ottobre 2023, Israele ha impiegato tutti i suoi servizi per farci credere che questo attacco sia un’operazione degli jihadisti di Hamas; e che non sapeva nulla della sua preparazione.
Tuttavia, questo attacco è stato portato avanti da tutte le fazioni palestinesi, ad eccezione di Fatah. Hamas si definiva fino a poco tempo fa “ramo palestinese dei Fratelli Musulmani”, come indicato in tutti i suoi documenti. In questa veste, ha combattuto contro i laici di Fatah di Yasser Arafat e del FPLP di George Habache, poi contro quelli della Repubblica araba siriana del presidente Bashar al-Assad. Tutti, ai suoi occhi, erano solo “nemici di Dio”. Hamas era finanziato da Israele e, in Siria, i suoi combattenti erano supervisionati da ufficiali del Mossad e della NATO. Tuttavia, dopo il fallimento della Fratellanza in Egitto e la sconfitta in Siria, Hamas si è divisa tra una parte fedele ai Fratelli Musulmani, guidata da Khaled Meshaal e che continuava a perseguire l’instaurazione di un Califfato globale, e un’altra che si è concentrata nuovamente sulla liberazione del paese. Palestina. Questa seconda tendenza, avviata dall’Iran, si è ricollegata alla Siria fino a quando il suo leader, Khalil Hayya, è stato ricevuto a Damasco dal presidente Bashar el-Assad. Ha ripreso i contatti anche con gli Hezbollah libanesi, al punto da partecipare, a Beirut, ad incontri con esso e con altre componenti della Resistenza palestinese.
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